mercoledì, gennaio 02, 2008

Potere alla Parola (rubrica a cura del vostro Gianni)

”In Berlin by the wall
You were five foot ten inches tall
It was very nice
Candlelight and dubonnet on ice”

(Lou Reed)


Ritornare alla solita realtà è un pò come riprendersi da una sbronza colossale, una sbronza da cui mai avresti voluto rinsavire. La magia di una città la si scopre solo vivendola da cittadino, ma sono convinto che vederla da turista mi abbia permesso di cogliere quello che i berlinesi non vedono, o non vogliono più vedere. Avere visitato una città che trasuda recenti memorie è uno shock che forse non si può descrivere con le parole. E così ti capita di camminare tra le strade di Friedrichsain e vedere una moltitudine di parchetti con i giochi per bambini, sorti dove un tempo sorgevano case e vivevano famiglie, realizzati per riempire il vuoto e la devastazione che le bombe hanno lasciato poco più di sessant’anni fa. Ma l’altra faccia della medaglia è cupa e fredda, gelida e tremendamente silenziosa. La torre dell’olocausto fa l’effetto di una lama piantata nel petto, ma non quanto l’installazione “Shalechet”, che ti invita a camminare piano e sentire le urla metalliche di migliaia di volti spaventati, trucidati nel nome di un popolo “eletto”, governato dall’odio, nell’assurda idea di una razza perfetta. E quando tutto sembra ritornare alla ragione dopo anni di illogico dolore, viene eretto un muro a dividere ancora gli animi, quasi quattro metri di vergogna che riportano l’irrazionalità delle ideologie. Quello che resta del muro sono dei settori poco estesi, o delle cornici da museo, dei pezzi di storia posti in vetrina nei centri commerciali. Un semplice tentativo, a quanto pare ben riuscito, per esorcizzare la bruttura di una città che è stata divisa per ventotto anni. Ora Berlino sembra unita più che mai, è un melting pot di culture diverse. L’integrazione turca nel bellissimo quartiere di Kreuzberg ne è la cartina al tornasole. Ogni suo block nasconde piacevoli sorprese, tutte da scoprire e assaporare. Berlino è il genio archittettonico concentrato nei suoi punti avanguardistici, un mix paradossale di vecchio e nuovo che lascia a bocca aperta. Berlino è la simpatia e la tenerezza di Knut, un cucciolone bianco panna che qui ha trovato dimora e amore. Berlino è la città dei prodotti biologici, attenta alla salute come al rispetto per l’ambiente. Berlino è un enorme orso con un grande cuore, un organo pulsante circondato dalle tante vene gonfie delle sue metropolitane. Berlino è una città folle, una città che non vuole riposarsi nemmeno per un secondo. L’energia la senti anche nell’aria fredda di dicembre. La notte sembra non aver significato se non termina alle dieci della mattina dopo, in barba ai lumi diurni che ne cancellano le ombre. Berlino è la carica esplosiva del Watergate e delle sue serate drum n bass, dove i bpm impazziti agitano persino le tranquille sponde del fiume Sprea. E’ l’ambiente familiare e di nicchia del 103, la curiosità di osservare i suoi strani frequentatori. E’ una capitale che ti permette di girare in metrò alle 7 di mattina da club a club in cerca di un fantomatico afterhour, in compagnia di due deliziose e simpatiche fanciulle romane. Berlino è una pils ghiacciata bevuta a litri con gli amici. Berlino è alternativa e trasgressiva, senza volerlo essere di proposito. E’ l’arte ribelle e anticonformista del Tacheles, racchiusa tra le mura di questo squat immenso, con il suo terrazzo dal belvedere mozzafiato. Berlino è il suo capodanno, una guerra in piena regola scatenata ai piedi della porta di Brandeburgo. Una guerra in cui anche le forze dell’ordine giocano a fare disordine. E’ una città ricca di bellezza, e le sue abitanti che la fanno brillare ne sono parte fondamentale. Berlino è il cumulo di vibrazioni dancehall e sapori di ganja dello Yaam, dove è possibile vedere grandi falò sulla spiaggia anche il primo giorno di gennaio. Berlino è una città da vivere senza remore, senza le stupide angosce di chi non vuole prendere la vita per le redini e cavalcarla al galoppo, di chi non vuole spremere il meglio da ogni singola frazione di secondo di questa troppo breve esistenza. E’ una città da prendere così, perché è solo in questo modo che va gustata. Aspettando le chiare luci dell’alba, che portano con sé i primi fiocchi di neve.
Gianni



Berlin VIII


Sul vasto crinale si staglia una ciminiera
in un giorno d'inverno, e regge il suo peso,
il cielo mentre si fa nero.
Come un gradino d'oro, l'orizzonte splende.
Più lontano alberi cui cadono foglie, e qualche casa,
recinti, capannoni, dove la Metropoli dilegua,
e un treno lungo che mugghia mentre va
sparendo sui binari ghiacciati.
Scuro, pietra su pietra, sorge un cimitero,
e i morti dalle fosse vi contemplano
il tramonto, che sa di vino buio.
Seduti contro la parete si tessono
cappelli di fuliggine sulle tempie ossute
e cantano una vecchia Marsigliese.
(Georg Heym)

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